venerdì 11 ottobre 2019

STEP #3: Un libro che parla di Modica

"Argo il cieco, ovvero i sogni della memoria" di Gesualdo Bufalino 

Il romanzo di Bufalino "Argo il cieco, ovvero i sogni della memoria" (Sellerio, Palermo, 1984) ha come epigrafe in latino il verso di Ovidio tratto da "Le Metamorfosi", parla della morte di Argo, la mitologica bestia priva ormai di quella luce che teneva desti i suoi cento occhi. Metafora, dunque, sull'accecamento che richiama la zona oscura del passato. Su di essa, però, agisce la memoria, scrutandola per farne nitidamente emergere ricordi come fossero sogni e le loro menzogne.

Gesualdo Bufalino è stato uno scrittore, poeta e aforista italiano. Lo scrittore narrò di ricordi di gioventù mostrati a noi attraverso un diario-romanzo, dove l'autore racconta delle vicende amorose vissute nel cuore del sud. La storia, consiste nelle rievocazioni pressochè diaristiche di un professore di lettere, è vissuta con riferimento particolare all'estate del 1951. "Bambino vecchio" si definisce nel primo capitolo, anche se l'invecchiamento, causato dalla vita e dai libri, non gli impedisce di guardare al modno con stupore. "Amanuense di se stesso", si rivisita nella splendida città di Modica di cui tesse un manto d'incanto. Muovono da questa cittadina degli Iblei le prime esperienze di insegnamento al liceo, nonchè i momenti trascorsi con la golardia degli anni giovanili che, tra verità e menzogna, gli fa evocare figure femminili. Alla fine, sarà l'autunno a portare via ogni cosa. La giovinezza soprattutto. E' Maria Venera la ragazza attorno a cui ruota la trama: una visione, una giovane bruna più bruna delle altre che appartiene a una famiglia di nobiltà decaduta.


Si potrebbero citare altri autori come Raffaele Poidomani e Salvatore Quasimodo, ai quali la città di Modica ha dato i natali.

In particolare il premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo ci ha lasciato un inedita poesia, ritrovata qualche anno fa, dedicata alla piccola città siciliana:

Sentieri velati da un tratto di eterno:
basole fra scorci di storica passione;
a passi tardi rivengo in cor mio
nascituro sguardo che soave m'attrista.

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